Il periodo di comporto in malattia
E’ detto periodo di comporto il lasso temporale durante il quale il lavoratore in malattia non può essere licenziato, previsto dall’art. 2110 del codice civile.
La durata del periodo di comporto o di conservazione del posto di lavoro è generalmente disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, ed è quindi variabile.
Terminato il periodo di comporto il datore di lavoro ha pertanto la facoltà di licenziare il lavoratore (il licenziamento non è quindi un atto “automatico”).
Il periodo di comporto, in base alla disciplina prevista dalla contrattazione collettiva, di distingue in “secco” o “per sommatoria”; secco è il periodo di comporto determinato con riferimento alla durata di un singolo evento di malattia, per cui, cessato il singolo evento, il periodo di comporto si azzera e ne riparte uno nuovo; il periodo determinato per sommatoria include invece nel conteggio tutte gli eventi di malattia cadenti nel periodo stesso, per cui le giornate di malattia di ogni singolo evento dovranno essere sommate.
Nel periodo di comporto rientrano, se cadenti nei periodi di malattia, i giorni festivi, i giorni non lavorativi e i giorni di sciopero; non si computano invece le assenze per malattia imputabili al datore di lavoro, le assenze per infortunio o malattia professionale, le assenze per malattia per gravidanza o puerperio, le assenze di titolari di invalidità dovute a malattia insorta per lo svolgimento di mansioni incompatibili con lo stato di invalidità, le ferie.
Per evitare il licenziamento al termine del periodo di comporto il lavoratore ha la possibilità di chiedere al datore di lavoro, prima dello scadere del comporto, la trasformazione delle giornate di assenza per malattia in giornate di ferie (a condizione ovviamente di averne di maturate e non godute); tale facoltà è stata espressamente riconosciuta dalla Corte di Cassazione.
Se prevista dal proprio contratto collettivo nazionale di lavoro, ha inoltre generalmente la possibilità di chiedere, sempre prima dello spirare del periodo di comporto, un periodo di aspettativa non retribuita di durata non superiore a quella prevista dal ccnl stesso.
Il datore di lavoro non ha l’obbligo di avvisare il lavoratore dell’approssimarsi dello scadere del periodo di comporto.
Il periodo di comporto può fare riferimento all’anno solare (inteso come il periodo di 365 giorni partente dal primo giorno di malattia) o all’anno civile, ovvero il periodo temporale che va dal 01 gennaio al 31 di dicembre di ciascun anno.
Anche durante il periodo di comporto ci sono delle fattispecie in cui il lavoratore può comunque essere licenziato:
– per giusta causa;
– per completa cessazione dell’attività aziendale;
– per sopravvenuta impossibilità della prestazione lavorativa;
– per conclusione del periodo del rapporto di lavoro a tempo determinato.
Al termine del periodo di comporto il datore di lavoro per procedere al licenziamento deve inviare comunicazione scritta al lavoratore specificando la motivazione del licenziamento rispettando i termini di preavviso.
E’ nullo il licenziamento intimato dal datore di lavoro “prima per poi”, ovvero al ricevimento di un certificato del lavoratore relativo ad un periodo di malattia al termine del quale il lavoratore supererebbe il periodo di comporto; infatti il licenziamento può essere legittimamente intimato solo nel momento in cui il lavoratore ha effettivamente superato il periodo di comporto, ben potendo rientrare al lavoro, laddove le condizioni di salute glielo consentano, prima dello scadere del periodo di malattia indicato sul certificato.